Sorrisi a Milano Sud-Est "Ciao!" "Buona Domenica!" è la risposta che ricevo con discrezione. La moneta scivola veloce dalla mia mano alla sua, veloce perché mi vergogno di ripetere quel gesto quasi ogni domenica. Ed ogni domenica è lo stesso pensiero: possibile che a legarmi a quest'uomo sia unicamente quella moneta - Prima mi chiedevo se 50 centesimi potessero essere sufficienti, meglio un euro (2000 vecchie lire sono tante), poi se fosse più giusto un euro a Lui ed alla Zingara vicina solo 50 centesimi. Ora mi domando perché quell'uomo è lì in piedi paziente e dignitoso puntuale - tutte le domeniche". E gli altri giorni è Milano - alle nostre spalle così vicina e nello stesso tempo così lontana. Appena fuori Corvetto è già campagna, il traffico pressoché inesistente, il treno che passa, non lontano, mi ricorda Rogoredo, eppure la città è distante e quell'ora, fuori casa, è come una vacanza vera e propria. Non sembra l'uscita dalla Messa, quanto piuttosto l'incontro di amici, di vacanzieri e di turisti. Se dovessi parlare di Dio, a chi me lo chiedesse, vorrei farlo lì dove anche il mendicante ha un sorriso diverso. "Buona Domenica!" - ripete mentre esco dal portone dirigendomi verso la macchina. "Buona Domenica anche a Lei W.! - rispondo - Ma i nipoti dove sono oggi? Li ha presi il padre per questo fine settimana, aggiungo". Ci vediamo domenica ventura, vero? Certo! "Lì ho chiamato per nome (così come ho sentito fare da un passante, qualche domenica fa) mentre per anni è stato solo un anonimo"... All'interno del perimetro dell'abbazia, tempo fa, un'artista ha ritratto W. come un Cavaliere chiuso dentro una luccicante armatura. Un bel quadro, certo con il pregio di aver colto quel sorriso nobile ed un po' misterioso. Ho perso l'occasione di acquistare il quadro, quel giorno, ma ho l'indirizzo della pittrice. Devo andare nel suo studio, forse il quadro è ancora lì da vendere, quel quadro mi appartiene: rappresenta l'amico W. Cavaliere senza macchia e senza paura, che aspetta tutte le domeniche, sotto l'arco d'ingresso all'abbazia, che i fedeli lascino per lui, nel cestino di vimini, una moneta. Un giorno mi disse di essere dell'Elba ed io non ho più avuto il coraggio (o il pudore) di chiedergli altro. Ma la notizia mi ha colpito: quasi che dalla Toscana, terra che ha visto la mia adolescenza, W. mi avesse seguito per non lasciarmi solo qui a Milano dove lavoro da anni. Ora, in pensione, con la parola vecchiaia che assume ineluttabilmente connotati più nitidi e fastidiosi, quasi mi sento solo ed in certo senso più indifeso; è incredibile, ma W. è una presenza sorprendentemente rassicurante. Mentre aspetto che Alma esca dalla messa, passeggio e rimugino, guardo in lontananza W. appoggiato al muro sempre con il suo cestinetto di vimini fra le mani". O intento ad aprire e richiudere il mezzo portone al passare di qualche autovettura dei frati. Accarezzo il desiderio, di organizzare un viaggio insieme, io solo con lui e con la mia macchina mentre mi racconta di come abbia lasciato l'Elba per Milano, ma soprattutto mentre mi spiega il segreto di quella leggerezza con la quale riesce a padroneggiare la vita offrendo sempre a tutti, quel sorriso sottile, sincero e disarmante. Ma forse i miei pensieri sono solo il frutto di un segreto, gelosamente conservato da quel fazzoletto di terra, alle porte di Milano, con la sua ineffabile Badia. Cutensis marzo 2005
di Pietro VIRGILIO
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